È possibile che l’Intelligenza Artificiale (AI) sia in grado di rendere più facile la vita dei dipendenti in smartworking, riportando davvero la componente “umana” nelle Risorse Umane?

Questa domanda, che sembra un paradosso, è l’oggetto dell’articolo del blog Osm1816 di questa settimana. Grazie al supporto di un’intervista ad Adam Harrold, CEO di Humley (azienda fornitrice di Intelligenza Artificiale conversazionale), pubblicata sul sito hrzone.com scopriamo come la tecnologia può essere un mezzo per creare un ambiente lavorativo più a misura d’uomo.

La diffusione dello smartworking

Il diffondersi della pandemia di Covid-19 ha avuto come conseguenza la diffusione pressoché totale del lavoro da casa, o smartworking. Ciò che si evince da molti sondaggi è che sono tantissimi i lavoratori che, anche dopo la fine della pandemia (o almeno la fine della sua fase più critica), sarebbero ben felici di poter continuare a lavorare da casa. Questa possibilità, però, pone interrogativi e sfide ai lavoratori delle Risorse Umane, che dovranno trovare dei nuovi modi per supportare e comunicare con i lavoratori che svolgeranno i propri compiti da casa. L’articolo fonte riporta l’intervista ad Adam Harrold, CEO di un’azienda fornitrice di AI conversazionale, di cui riportiamo i punti più importanti. Secondo Harrold, l’ Intelligenza Artificiale potrebbe giocare un ruolo chiave nella trasformazione del mondo del lavoro (abbiamo approfondito questo argomento QUI)

Una delle prime osservazioni di Harrold riguarda i preoccupanti dati che emergono da sondaggi circa l’impatto del Coronavirus sul benessere dei dipendenti:

  • il 69% degli intervistati dice di aver sofferto un impatto forte/moderato;
  • il 31% soffre l’isolamento e ha problemi di connettività con i colleghi e il team lavorativo in generale;
  • il 31% non riesce a bilanciare lavoro e vita personale;
  • il 25% ha riscontrato un sentimento di bassa motivazione.

Smartworking: cosa emerge dai dati

Da queste percentuali è ovvio che il problema più grande e che si deve risolvere in fretta è quello tra il singolo dipendente e l’azienda: ci sono troppi problemi di comunicazione che vanno a minare non solo il lavoro, ma anche le relazioni ed il coinvolgimento.

Dai sondaggi condotti, inoltre, si evince che il 91% degli intervistati vorrebbe continuare a lavorare da remoto: un dato interessante che, però, fa riflettere sul ruolo sempre più importante dei lavoratori delle Risorse Umane. Essi dovranno impegnarsi a seguire i dipendenti da remoto ed essere attenti non solo allo svolgimento del lavoro necessario, ma anche ai bisogni, ai diritti e tutto ciò che riguarda il benessere dei lavoratori.

Smartworking: le criticità

Oltre ai tanti vantaggi provenienti dallo smartworking, esistono anche degli aspetti negativi. Harrold ne sottolinea uno in particolare: la difficoltà dello “staccare la spina” dal lavoro quando si è in casa. Quando l’ambiente casalingo e quello lavorativo coincidono è molto più probabile ritrovarsi a lavorare di più e fare straordinari. Da ciò, un accumulo di stress e stanchezza nocivo per i dipendenti. Per evitare ciò, la tecnologia potrebbe venire in aiuto: un HR assistant digitale potrebbe inviare, di tanto in tanto, notifiche ai dipendenti per ricordargli di prendersi una pausa o di usufruire di ferie/permessi. Allo stesso modo, l’assistente digitale può inviare una notifica ai team manager quando registra un tempo prolungato di straordinari.

La comunicazione tra azienda e dipendenti è, ancora una volta, la chiave di tutto e gli assistenti digitali possono fare la differenza per farla avvenire in maniera rapida ed efficace.

Facciamo un esempio pratico: un numero elevato di richieste di ferie, per esempio, può indicare un alto livello di stress tra i dipendenti. Un assistente virtuale è in grado di filtrare richieste, inviare notifiche a chi di dovere e far iniziare controlli da parte delle Risorse Umane. Inoltre, i dati raccolti tramite l’Intelligenza Artificiale possono essere facilmente conservati, visualizzati e da essi si può partire per apportare cambiamenti, identificare comportamenti collettivi o problemi da risolvere.

Harrold sottolinea, comunque, che integrazioni tecnologiche simili non vanno in alcun modo a sostituire i lavoratori del settore Risorse Umane; al contrario, essi saranno ancora più importanti per le aziende. Le nuove tecnologie sono semplicemente uno strumento da utilizzare mentre si lavora perché possono semplificare alcuni aspetti, ma una cosa è certa: una macchina dotata di AI non potrà mai sostituire l’empatia dell’essere umano.

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