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Oggi riflettiamo su un argomento importante e determinante per svolgere al meglio non solo il proprio lavoro, ma anche per affrontare al meglio la vita: avere uno scopo, un obiettivo che ci dia la forza e l’energia per andare avanti.

Un bellissimo articolo del New York Times, datato 2007, raccontava la ventesima “Operator’s Challenge” – ovvero le Sludge Olympics, una singolare competizione che si tiene tra i dipendenti degli stabilimenti addetti alla depurazione dei liquami della rete fognaria di New York. I partecipanti si sfidano con passione dimostrando al meglio le proprie capacità sul lavoro. Emily Lloyd, commissario presso il New York City Department of Environmental Protection ha detto, in quell’occasione, di loro: “E’ un lavoro tosto, spesso poco piacevole. Ma loro sono bravissimi a farlo”, e mentre si legge l’articolo è impossibile non percepire l’orgoglio e la voglia di questi lavoratori di svolgere tutto al meglio e di mostrarlo al mondo. Un uomo in particolare, tale George Mossos, commentando la componente di “anonimato” che per forza di cose aleggia sul suo lavoro, pare abbia detto: “Mi basta sapere di servire la comunità, è sufficiente”.

Perché, quindi, alcune persone, pur essendo straordinariamente ben pagate e con posizioni di prestigio, si sentono vuote mentre altre, come i lavoratori delle fogne di New York, sono orgogliosi e appagati dal proprio lavoro, anche se umile? Parte della risposta è lo scopo.

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Per la maggior parte delle persone, lo scopo è costruito idealmente ma mai trovato; lavorare per raggiungere un obiettivo preciso giorno dopo giorno è un’azione che richiede premura e pratica. Osservare persone che lavorano con e senza scopi è illuminante per ciascuno di noi e può farci comprendere la misura del problema, che spesso ci tarpa le ali e compromette i nostri sforzi.

  1. Primo consiglio: crea un filo conduttore tra lavoro e servizio, proprio come ha fatto Bill George –esimio professore dell’università di Harvard ed ex CEO di Medtronic. Per dare risalto sia ai pazienti che ai lavoratori della sua azienda, la Medtronic, al meeting annuale del gigante della tecnologia medica George invita varie persone la cui vita è stata salvata dai defibrillatori prodotti dall’azienda. I sopravvissuti narrano commossi la loro esperienza ai lavoratori che tutti i giorni, con la loro sapienza e con l’esperienza di anni di lavoro, creano strumenti incredibili in grado di salvare vite umane. Questo espediente permette ai lavoratori di toccare con mano il frutto della propria fatica, rendendoli felici ed orgogliosi. Mentre molti tra noi non potranno di certo vantarsi di salvare ogni giorno vite umane, è indubbio che tutti abbiamo uno scopo nel lavoro. Gli insegnanti, ad esempio, osservano giornalmente il progresso dei loro studenti e tastano con mano il modo in cui stanno cambiando quelle giovani vite. E tu, a che cosa “servi”? Quale scopo ha il tuo lavoro? Nessuna occupazione è priva di scopo, converranno anche i più pigri su questo punto. Individuare gli obiettivi di tutti i giorni e collegarli ad una finalità di più ampie vedute rende il nostro lavoro più completo e mirato.

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  1. Secondo consiglio: modella il tuo lavoro – e rendilo, a sua volta, un’opera d’ arte. La professoressa Amy Wrzesniewski, decana di Yale, ha condotto pochi anni fa un interessantissimo studio riguardante i custodi di un ospedale. I risultati sono stati sorprendenti ed interessanti: la docente ha scoperto un particolare modus operandi di alcuni membri dello staff – i più felici ed effettivi sul posto di lavoro, che ha definito come “job crafting”. Questi custodi, appassionati e dedicati anima e corpo al proprio mestiere, “creavano il lavoro che avrebbero voluto fare partendo dai compiti che erano stati loro assegnati – lavoro che essi trovavano pregno di significato e utile”. Così, mentre uno di loro modificava le posizioni dei quadri per stimolare le condizioni comatose di un paziente, altri studiavano le componenti chimiche dei prodotti utilizzati per pulire e disinfettare gli ambienti ospedalieri, in modo da prediligere quelli meno nocivi per la salute dei pazienti. Questi lavoratori hanno cercato di raggiungere l’eccellenza per servire gli altri, adattando – e, a volte, modificando – il proprio lavoro per il raggiungimento di uno scopo preciso. Ne consegue un arricchimento personale su più livelli e un notevole altruismo nei confronti di chi è più debole.

Arrivederci alla prossima settimana con la seconda parte dell’articolo!

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