Uno dei pensieri più ricorrenti nel mondo del business è gestire i collaboratori più abili e talentuosi in maniera adeguata.

Spesso si pensa che la chiave per motivarli sia legata alle compensazioni monetarie e che dunque stipendi elevati, frequenti aumenti e bonus di produzione precedentemente concordati siano la chiave per la loro corretta gestione.

Ciò è in parte corretto: salvo restando che delle giuste ricompense economiche siano senza dubbio imprescindibili in quanto fondamento e colonna portante di ogni sano rapporto di lavoro, talvolta da sole non risultano sufficienti a garantire la produttività e la presenza a lungo termine di collaboratori dall’alto potenziale.

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R.Martin di hbr.org, nel corso dei suoi 28 anni trascorsi come consulente alla Monitor Group e come decano alla Rotman School of Management nei quali ha gestito alcuni tra i maggiori talenti del mondo accademico e professionale, ha sviluppato tre regole per la motivazione di persone di successo attraverso l’utilizzo di incentivi intangibili di supporto.

 

Trattali come individui, non come membri di una classe

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Questa regola è stata appresa in seguito ad uno sbaglio alla Monitor Group, quando uno dei global account manager aveva chiesto un congedo di paternità (ora un benefit piuttosto comune, ma che 20 anni fa era piuttosto inusuale).

Immediatamente gli era stato risposto “Non c’è problema, sei un global account manager: considerato il tuo livello, puoi fare quello che vuoi”. Lui ha risposto “Ok”, ma si è poi allontanato con un’aria risentita. Cos’era successo di sbagliato? Lui aveva chiesto qualcosa e l’aveva ricevuta… dov’era quindi il problema?

Con l’andare del tempo situazioni analoghe si sono ripresentate, e a poco a poco la faccenda è diventata chiara: come d’altra parte sarebbe accaduto a chiunque altro, anche i talenti di alto livello non vogliono essere trattati come membro di una classe (neppure di una glorificata come quella a cui possono effettivamente appartenere). Vogliono essere visti come individui.

In quel caso, il consulente avrebbe volute sentire: “Teniamo molto a te e ai tuoi bisogni. Se per te il congedo di paternità è importante, ti supportiamo al 100%”.

Per l’azienda il risultato immediato sarebbe stato esattamente lo stesso, ma quello a lungo termine sarebbe stato profondamente diverso. Ogni persona di talento trascorre la propria vita lottando per essere unica, e per questo semplice motivo non trattarle come tali risulta estremamente discordante.

 

Fornisci costantemente opportunità sfidanti

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Il più grande nemico degli individui di talento è la mancanza di opportunità, specie all’inizio della loro carriera. Se sono motivati a diventare dei professionisti di spicco vorranno affrontare delle sfide importanti, e quanto prima. Se dove operano si sentono bloccati o rallentati, risolveranno cercando la propria strada altrove.

Si tratta comunque di un aspetto da gestire con particolare cura e attenzione, in quanto fornire loro un compito eccessivamente difficile potrebbe essere causa di frustrazione.

In generare, gestire i grandi talenti richiede un approccio di apprendimento aggressivo in cui si fornisce loro quante più opportunità possibili: il modo migliore per ottenere la loro lealtà non riguarda insomma il solo incentivo economico, ma anche quello di crescita.

Nelle realtà più strutturate, questo può essere causa di conflitto con le altre divisioni (HR in primis), specie quando si tratta di assegnare un ruoli di una certa importanza a figure junior.

Oltre a giovare al morale dell’intera azienda, il successo di queste manovre permette di dare una spinta sensibile alla dedizione e alla carriera di questi individui.

 

Elargisci complimenti

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Moltissimi manager commettono errori grossolani in questo settore: dal momento che molto spesso le persone di talento sono intrinsecamente dedite e motivate, i loro responsabili possono crederle indifferenti alle lodi. Eppure, spesso è proprio l’opposto.

I collaboratori più abili trascorrono il proprio tempo affrontando compiti sfidanti, e non stupisce quindi come a volte il risultato dei loro sforzi rasenti (o incontri duramente) il fallimento.

E proprio per questo motivo hanno bisogno di sentirsi fare regolarmente dei complimenti, pena il risentimento e il progressivo distacco dall’impresa.

La cosa curiosa è che questi individui di talento non chiedono quasi mai direttamente questo tipo di riconoscimento intangibile, e sta dunque al manager intuire quando concederlo. Per farlo al meglio, però, occorre assolutamente individualizzare questi complimenti e fornirli solo in concomitanza a risultati di un certo valore.

Nonostante queste tre regole appaiano piuttosto semplici, applicarle correttamente può risultare arduo. Questo è perché la maggior parte delle aziende, e molti dei loro manager, tendono a dare la precedenza all’affidabilità piuttosto che alla validità.

Ciò si traduce in un trattamento forzatamente standard per tutti i loro dipendenti, che appare più semplice e sicuro. Si tratta però di un metodo pericoloso in quanto soffoca la componente meritocratica e frustra gli sforzi dei collaboratori più abili.

Nella misura in cui un’impresa vuole affidarsi a talenti di un certo livello per approdare a risultati e prestazioni sopra la media, occorre trattarli come individui, coinvolgerli fornendo loro delle giuste opportunità di crescita e ricompensarne adeguatamente i successi non solo a livello economico, ma anche motivazionale.

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