Bentornati all’angolo delle news di Osm1816! L’articolo di oggi si ispira ad una notizia apparsa poche settimane fa sull’ Harvard Business Review.

Non a tutti piace chiedere aiuto nel momento del bisogno. Come dimostrano le più recenti ricerche nel campo delle neuroscienze e della psicologia, le “minacce” sociali coinvolte – l’incertezza, il rischio del rifiuto, la paura per un abbassamento del proprio status, la perdita dell’autonomia – attivano le stesse regioni cerebrali coinvolte quando si prova dolore fisico. E al lavoro, si sa, si tende sempre a dimostrare che si sa fare tutto benissimo da soli: si tende a mostrare esperienza, competenza e fiducia in se stessi. Perciò è davvero complicato, a volte, chiedere una mano a qualcuno.

Nonostante questi elementi, è praticamente impossibile far carriera nelle aziende moderne senza ricevere, di tanto in tanto, assistenza dagli altri. I team che collaborano, alcune tecniche di management agili e fresche, le società che minimizzano le gerarchie sono gli elementi di cooperazione che si rivelano vincenti per tutti: ne beneficia, infatti, l’azienda, i capi e i colleghi. Ne consegue che la singola carriera dipende, a volte, dal confronto, dai consigli degli altri e dalle risorse che gli altri possono donare. Alcune stime, infatti, suggeriscono che una percentuale che va dal 75% al 90% dell’aiuto che i colleghi si scambiano tra loro è in risposta a richieste dirette.

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Detto ciò, come si fa a chiedere aiuto senza risultare disperati? Il primo step è scrollarsi di dosso definitivamente la riluttanza che impedisce di chiedere aiuto agli altri. Successivamente, è importante capire che alcune comuni e forse intuitive maniere di chiedere assistenza sono, alla fine, improduttive perché mettono le persone nelle condizioni di non volercela dare. È necessario imparare, quindi, i segnali sottili che motivano coloro che ci circondano a supportarci e a “portarli” dalla parte giusta: la nostra.

Chiedere aiuto

Costi e benefici

Forse, il modo più facile per superare il timore di chiedere aiuto è rendersi conto che la maggior parte delle persone danno una mano più che volentieri, in generale. Quando Vanessa Bohns – professoressa della Cornell University e ricercatrice di fama mondiale in quest’area di studi – ha recentemente recensito un gruppo di esperimenti condotti da lei ed il suo team, ha scoperto che la complicità – ossia il punteggio dato al numero di persone che aiutavano altre senza nemmeno conoscerle – era in media il 48% maggiore di quello atteso dagli esperti.

Emerge chiaramente che molte persone sono molto più disponibili di quanto in realtà pensiamo. Gli studi del settore suggeriscono anche che tendiamo a sottovalutare il quantitativo di impegno che ci mettono coloro che si offrono disponibili ad aiutarci.

È, questa, una delle motivazioni per cui dire di no o aiutare grossolanamente porta con sé un costo psicologico che tendiamo a risparmiarci. Ma è anche il motivo per cui coloro che aiutano sanno – anche se solo nel proprio subconscio – che donarsi all’altro senza limitazioni e in maniera efficace porta dei benefici anche dal punto di vista emozionale.

La chiave per una richiesta di aiuto che abbia successo sta nello spostare il focus sui benefici che ne verranno. Se volete che qualcuno vi dia una mano, dovete far sentire chi sta dall’altra parte come uno che desidera esserci, come uno che abbia deciso da sé e non si senta in dovere di tendervi la mano.

Ciò significa, tradotto in linguaggio comune, evitare qualsiasi frase o comportamento che suggerisca che voi o qualcun altro stiate insegnandogli a dover aiutare, o a non avere scelta se non rendersi utili agli altri. Ergo, evitate di utilizzare frasi tipo “Posso chiederti un favore?”: chi sta dall’altra parte si sentirà in trappola e non potrà dire di no. Oppure non pronunciate mai frasi tipo “Mi sento in colpa a chiedertelo, ma…”, che risulta negativo già se non si completa la frase. Non tendete neanche a minimizzare i vostri bisogni: evitate frasi tipo “Normalmente non chiedo mai aiuto” o “è veramente una sciocchezza”: è un metodo non produttivo, poiché suggerisce che l’intervento degli altri possa essere banale o non necessario.

Si può chiedere aiuto in modi che scavalcano queste “cadute di stile”, modi che soddisfano sia chi aiuta, sia chi riceve assistenza. Quali sono? Lo scopriremo la settimana prossima sul nuovo articolo del blog di Osm1816!

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