E’ risaputo come le persone in grado di comprendere e gestire le emozioni proprie e altrui siano più portate ad essere leader efficaci. Sono infatti più abili a risolvere i conflitti e situazioni di stress, superare gli ostacoli e ispirare i collaboratori a raggiungere obiettivi comuni. E ad essere più felici sul lavoro.

Purtroppo però spesso i manager sono talmente focalizzati su efficienza e fatturato da essere quasi privi di questo tipo di sensibilità riguardante le relazioni interpersonali.

Spesso ignorano l’impatto che emozioni e stati d’animo possono avere sul lavoro (anche per loro), e questo li rende incapaci di provare empatia per gli altri: non capiscono le necessità dei propri colleghi, e ciò significa che non sono in grado di soddisfare i loro bisogni in modo da ispirarli ad agire al meglio.

Secondo A. McKee di hbr.org il motivo principale per cui vediamo così poca intelligenza emotiva sul posto di lavoro è molto semplice: non si tratta di un fattore importante in fase di selezione.

Si assume in base all’intelletto, e al pedigree. Si considerano l’istruzione, i punteggi, le abilità tecniche, le certificazioni… ma non la capacità di andare d’accordo con gli altri.

Ovviamente, in ogni azienda c’è un assoluto bisogno di persone intelligenti, capaci e con esperienza, ma occorre anche gente in gamba in grado di accogliere le novità, capire e motivare gli altri, e di gestire sia le emozioni positive sia quelle negative al fine di creare un ambiente dove tutti possano rendere al meglio.

Il problema è che si fa davvero fatica a valutare l’intelligenza emotiva (anche quando investiamo risorse in test e in agenzie specializzate) e che nessuno ci ha mai insegnato come fare. La buona notizia è che si può imparare a farlo, e senza spendere una fortuna… ed ecco come:

COSA NON FARE:

  1. Usare test sulla personalità come metro di misura.
    Molti di questi test misurano infatti ciò che ci si aspetterebbe: la personalità. Non sono in grado di valutare specifiche competenze di intelligenza emotiva come autoconsapevolezza, pensiero positivo, orientamento al risultato o leadership.
  2. Usare test di auto-report.
    Anche sulla carta funzionano poco. Come prima cosa, se una persona non possiede un sufficiente livello di autoconsapevolezza, come può valutare la propria intelligenza emotiva? E se invece la possiede e sa cosa gli manca, perché dovrebbe mettere a nudo le proprie debolezze proprio mentre sta cercando di ottenere un lavoro?
  1. Usare uno strumento di feedback a 360°
    Non è adatto neppure se rileva dati relativi all’intelligenza emotiva, come fa ad esempio l’ESCI. Questo tipo di strumento va bene per lo sviluppo di questi tratti, ma non per la loro valutazione. Il motivo è che quando si utilizza questo metodo per misurare determinate caratteristiche, i partecipanti possono giocarsela scegliendo con attenzione gli intervistati e influenzando le loro risposte.
     

COSA FARE:

  1. Ottieni delle referenze del candidato, e parla con loro.
    Le semplici lettere di referenze non sono sufficienti per misurare l’intelligenza emozionale del candidato, occorre interagire con loro per poter chiedere nei dettagli come il candidato abbia messo alla prova le sue particolari competenze emotive. In particolare, chiedi degli esempi riguardanti come il candidato tratta gli altri.
  1. Effettua colloqui dedicati a misurare l’intelligenza emotiva.
    Sembrerebbe scontato, quasi automatico, eppure non è così semplice. Questo perché spesso si permette ai candidati di essere piuttosto vaghi nelle proprie risposte, e non si è in grado di porre delle buone domande supplementari. E anche quando si chiede direttamente della loro intelligenza emotiva, è probabile che rispondano in base a come vorrebbero essere (versione idealizzata), non in base a come sono.

Per superare questo secondo ostacolo, puoi adottare i principi di indagine tipici dellintervista comportamentale.

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Comincia l’intervista mettendo il candidato a proprio agio, per quanto possibile. L’obiettivo è predisporlo al dialogo, e fargli adottare un atteggiamento caldo e informale. Ciò aiuterà ad ottenere risposte sincere.

Procedi poi chiedendo un paio di domande classiche riguardo alle sue esperienze e al suo background.

Ora sei pronto ad affrontare l’aspetto comportamentale del colloquio: fai delle domande riguardanti una situazione recente in cui il candidato e altre persone hanno incontrato e affrontato con successo una sfida impegnativa.

In particolare, incoraggialo a descrivere una situazione di questo tipo in cui si è sentito protagonista. Fagli raccontare l’intera storia, e alla fine ponigli delle domande molto specifiche riguardanti ciò che ha pensato, provato e fatto nel mentre.

Allo stesso modo, fagli descrivere una situazione in cui lui e altre persone non sono state in grado di raggiungere il proprio obiettivo. Ancora una volta, fai delle domande volte ad ottenere molti dettagli.

E dato che alla fine vuoi fare in modo che il candidato abbia un buon ricordo di te e del colloquio, chiedigli di un’altra storia positiva e di successo.

Questo tipo di colloquio serve a scoprire come il candidato pensa e agisce in situazioni di stress, sfida e collaborazione. Otterrai anche informazioni su come si è sentito in quelle circostanze… o perlomeno, capirai se era effettivamente consapevole dei propri sentimenti.

Probabilmente capirai anche come la persona è riuscita a gestire le proprie emozioni, e come ciò ha influito sugli altri. E soprattutto, come ha effettivamente agito in quelle occasioni.

Non è facile come sembra e occorre un po’ di pratica. Non avere paura di farti descrivere le stesse parti di una storia due o tre volte: il tuo obiettivo è ottenere la sua prospettiva, e questo cercando di capire cosa ha pensato, cosa ha provato e come ha agito.

E se così facendo riuscirai a “vedere” l’intelligenza emotiva in azione, potrai essere in grado di prendere la decisione più adatta per la tua impresa!

 

DID YOU KNOW?

…esiste anche un terzo strumento per valutare l’intelligenza emotiva di un individuo, molto efficace per individuarne anche le potenzialità professionali e che consente all’azienda di sapere esattamente su quali leve agire per rendere la persona produttiva e collaborativa.

Si tratta del test HTA,  aperto anche agli imprenditori che vogliono migliorarsi e che permette di trovare ed evidenziare i propri punti di forza e di ricevere consigli sulle eventuali debolezze… dai un’occhiata:

Ti è stato utile?
Se sei interessato all’argomento, dai un’occhiata alla miniguida “Empatia: istruzioni per l’uso“, e per ulteriori approfondimenti… contatta think1816!

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