Oggi ci concentriamo sul discorso recuiting: i 5 modi in cui i manager sabotano le assunzioni. Questa settimana il tema è la selezione delle risorse umane. A proposito della quale parleremo dei più comuni errori in cui è possibile cadere in questo delicato e importantissimo processo aziendale. Stimolati da un articolo pubblicato da hbr.org ragioneremo insieme sui 5 tipici errori in cui incappano i responsabili delle Risorse Umana. Punti deboli che vanno individuati e corretti per salvaguardare l’efficienza dell’organizzativa e la serenità dell’ambiente aziendale.

Assunzioni: anche i più esperti possono sbagliare

Come dice la parola stessa, le strutture dedicate alle risorse umane sono le principali responsabili della ricerca e selezione delle persone da inserire in azienda. Nonostante la specializzazione e una lunga esperienza, compiere errori è pur sempre possibile: anche i più esperti possono compiere errori, come ad esempio, sopravvalutare una candidatura. Ciò avviene quando il recruiter, non avvedendosi di aspetti potenzialmente negativi, assume la risorsa sbagliata.
Quello che segue è l’elenco dei 5 tipici errori in cui incappano i selezionatori dei reparti HR nel corso di una selezione. Errori che possono mettere a repentaglio il clima aziendale e avere conseguenze negative più in generale.

 

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1. La personalità dei candidati non cambia nel tempo

È uno dei classici errori che compiono i responsabili della selezione e assunzione del personale. E’ tipico dei leader e degli imprenditore presumere di poter cambiare tratti della personalità degli individui con cui hanno a che fare. Sono convinti, ad esempio, di riuscire a far cambiare atteggiamento mentale a persone che faticano ad accettare valutazione e giudizi, rendendoli col tempo più disponibili al confronto e a ragionare sui feedback ricevuti. Un errore generato con buona probabilità dai limiti del budget di spesa che induce a dare credito ad un candidato con un buon CV che accetta di buon grado lo stipendio offerto. Errore che può essere facilmente chiedendo un consiglio ad un’altra persona dell’azienda, evitando quindi di prendere le decisioni in solitudine.

2. Assumere adulatori ossequiosi non fa bene all’azienda

Le opinioni critiche indicano che siamo in presenza di persone libere e coraggiose. Circondarsi di adulatori che lodano ogni decisione del leader espone l’azienda a non riconoscere gli errori. Chi è responsabile delle assunzioni deve evitare di prendere in considerazione persone prive di spirito di osservazione e di coraggio critico. Spesso in azienda chi sa muovere critiche costruttive non è visto positivamente. Invece indicare cosa non funziona (o come potrebbe funzionare meglio) è sintomo di capacità di giudizio, coraggio professionale, passione per il proprio lavoro. Il consiglio consiste dunque nel prendere sempre nella giusta considerazione i candidati anche se appaiono critici riguardo alle scelte della tua azienda. C’è la possibilità di iniziare un rapporto che potrebbe risultare utile e stimolante per entrambi.

3. L’azienda non è un gruppo di auto-sostegno

Volete sapere qual è la frase in assoluto più nefasta per un’organizzazione aziendale? Sia in fase di colloquio di selezione che nel gruppo di lavoro, l’espressione “siamo come una famiglia” rivela l’esistenza di un problema grosso come una casa. Nonostante le buone intenzioni, un’affermazione del genere rivela drammaticamente l’inesistenza di confini professionali ben delineati. Certo, l’ascolto e l’aiuto del prossimo, è importante anche in azienda. Ma i problemi personali non possono assorbire attenzione eccessiva. Soprattutto, non devono creare problemi allo svolgimento delle attività produttive. Se vi riconoscete in questa descrizione, il consiglio è semplice: adottare un tono più neutro nei colloqui di selezione e prendete le distanze dai candidati che raccontano in modo dettagliato le loro difficoltà e i loro problemi.

4. Contrastare la microgestione

Una delle peggiori abitudini che si riscontrano nel mondo del lavoro è quella del controllo maniacale e ossessivo dell’operato dei dipendenti. Nel gergo tecnico viene chiamata microgestione, una tendenza negativa che se espressa in fase di colloquio può attirare gli individui ligi al dovere e orientate all’ubbidienza: di fatto persone insicure, incapaci di prendere decisioni autonome, scarsamente creative. A volte è il nostro stesso comportamento ad attrarre persone di questo tipo. Per non cadere in questo errore è importante evitare di enfatizzare aspetti burocratici, regole procedure e gerarchie. In caso contrario, il messaggio che passerà è che produttività, iniziativa, indipendenza di giudizio non sono valori graditi.

5. L’azienda non è un’isola zen

L’altro grande nemico del buon clima aziendale è il distacco: il “gemello diverso” della microgestione. Atteggiamento foriero di problemi sia in sede di colloquio di selezione, sia nel corso delle attività produttive. Dare l’idea che in azienda ci sia un clima di rilassato distacco dalle cose, far passare il messaggio che sia stato promulgato una sorta “liberi tutti” per rendere più attraente la posizione al candidato è una politica suicida: convincerà le risorse migliori che i vertici aziendali non si interessano al business e che le cose invece di essere pianificate accadano per caso. In questo senso distacco significa una cosa sola: disinteresse, svalorizzazione.

Tutto il contrario dell’atteggiamento energico dell’imprenditore capace che, fidandosi dei suoi collaboratori, lascia loro briglia sciolta nell’assumere iniziative e prendere decisioni. Evitiamo equivoci: questo stile di leadership non significa permettere al proprio team di fare quello che vuole generando situazioni potenzialmente tossiche; al contrario consente alle persone di crescere e sviluppare il proprio potenziale. Se in fase di colloquio vi state accorgendo di trasmettere un messaggio sbagliato, correggetelo subito comunicando ai candidati che in azienda la guida del leader è presente e ben attiva.

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