Bentornati sul blog di Osm1816! Quest’oggi il nostro blog ospita un argomento molto attuale, lo Smart Working, tornato interessante a causa dell’emergenza Coronavirus che negli ultimi giorni sta interessando l’Italia.

Per limitare i danni e circoscrivere il numero di contagiati, infatti, diverse aziende del nord Italia (la zona del paese, per ora, più interessata dal contagio) ha applicato soluzioni di smart working. Onde evitare il raggruppamento di più persone provenienti da zone diverse, le aziende scelgono di chiudere preventivamente e far lavorare i propri dipendenti da casa. Ma in cosa consiste lo smart working e qual è la situazione attuale in Italia? Quali le leggi applicate e le limitazioni? Per scoprirlo ci serviamo del supporto di due articoli, uno pubblicato su variazioni.info e l’altro su corriere.it.

Ciclicamente, in Italia, si parla di smart working. In questo delicato periodo per il nostro paese, l’argomento è tornato alla ribalta a causa degli infetti da Coronavirus, il virus diffusosi dalla Cina e che sta destando non poche preoccupazioni e problemi all’Italia. In molte aziende (specie quelle internazionali che hanno sede anche in Italia) lo smart working è una realtà consolidata da diverso tempo e continua indisturbata il suo cammino: i numeri sono positivi e i risultati soddisfacenti. Ma lavorare in maniera “smart” non vuol dire solo accendere il proprio pc da casa e lavorare per svolgere i propri compiti. Dietro questo nuovo modo di lavorare ci sono leggi e regolamentazioni in Italia spesso nebulosi e poco comprensibili.

A causa dell’emergenza Coronavirus in Italia, il governo ha dato disposizione di procedere a soluzioni di smart working e, per velocizzare la procedura (che solitamente richiede accordi aziendali fatti in precedenza) è stata pubblicato un decreto sulla Gazzetta Ufficiale che dava autorizzazione a procedere. Come segnalato sul sito corriere.it, misure simili erano già state prese in precedenza (ad esempio, a seguito del crollo del ponte Morandi a Genova). Il decreto firmato il 23 febbraio riguarda solo le cosiddette “zone rosse”, ovvero quelle dove si concentrano i focolai del virus, prontamente isolati e tenuti sotto stretto controllo da presidi medici e autorità competenti.

Secondo l’opinione di Arianna Visentini, AD di Variazioni srl, si dovrebbe estendere il decreto a tutto il nord Italia. La Visentini, inoltre, solleva un problema di tipo tecnico: l’utilizzo dei dati aziendali su pc e device personali nel momento in cui si lavora da casa. Occorrerebbe creare delle reti virtuali private (vpn), in modo da poter navigare in tutta sicurezza o scaricare software specifici e programmi creati ad hoc con accesso ai dati aziendali.

Lo smart working andrebbe promosso a prescindere dalle emergenze: secondo Arianna Visentini, infatti, “questo strumento è efficace anche e soprattutto in condizioni di normalità”.

Cosa ne pensi di questo articolo? Hai mai provato lo smart working? Ti piacerebbe praticarlo nella quotidianità? Dicci la tua contattando Osm1816.

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